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Assemblee, censura e libertà di espressione

Per quanto il Sottobanco non pretenda di essere chissà quale nobile iniziativa, se c’è qualcosa che ci accomuna tutti nella redazione è un interesse per la libertà di espressione. In fondo, il giornalino non è altro che un modo per noi studenti di esprimerci, di fare in modo che le nostre opinioni non rimangano pensieri vaghi, nascosti nei recessi delle nostre menti, ma che possano essere ascoltate da chiunque sia interessato, per portare alla luce argomenti che stanno a cuore a più persone e far nascere discussioni su questi.

Insomma, tutto questo lavoro si basa su un presupposto fondamentale che sta a cuore a tutti noi:

Le opinioni di noi studenti sono importanti.

In passato, uno dei mezzi attraverso i quali potevamo esprimerci erano le assemblee di istituto. Certo, diciamocelo: il Righi non è mai stato una scuola di rivoluzionari. Le assemblee, per chi ci andava, erano poco più di un modo di perdere tempo, ma, nonostante questa tendenza generale, per i pochi interessati, alcuni dei più impegnati tra gli studenti si sono sempre organizzati per portare iniziative interessanti, organizzando discussioni e attività su qualsiasi cosa, da importanti temi sociali come i diritti delle donne a questioni politiche come il rapporto tra l'Italia e l'Europa.

Tuttavia, l’anno scorso, dopo anni di assemblee in cui non c’era mai stato nessun problema con gruppi di questo tipo, il nuovo preside ha deciso di impedire lo svolgimento di vari gruppi di discussione, con argomenti legati al femminismo e all’ambiente.

La ragione data, in base a quanto riportato dai rappresentanti d’istituto, per l’esclusione di questi gruppi era che, in quanto “dibattiti”, dovevano per forza attenersi ad una rigida struttura, che prevedesse la presenza di un moderatore adulto, un soggetto preciso e una rappresentazione paritaria di entrambi i lati della questione.

La domanda che sorge spontanea è: perché? A quale scopo mutilare in questo modo un semplice momento di dialogo?

Si potrebbe argomentare che temi del genere vadano trattati “seriamente”, per prevenire la disinformazione e fare in modo che la discussione non degeneri in insulti, ma è davvero tramite l’istituzione di regole che trasformano qualsiasi tema in una discussione polarizzata, riducendo questioni ricche e complesse in una contrapposizione di singoli punti di vista opposti, che si può raggiungere questo obiettivo?

Se agli studenti non viene data la possibilità di confrontarsi ed esprimersi liberamente magari il preside potrà stare tranquillo, nella sicurezza che il suo istituto non ha direttamente contribuito a insegnare idee sbagliate a nessuno, ma la vita esiste anche al di fuori della scuola, e chi non ha mai stimolato la propria mente finirà a credere alle verità vendute dal primo predicatore o politico populista che gli si parerà davanti.

Nel patto educativo di corresponsabilità, la scuola si impegna a “creare un clima sereno, favorendo lo sviluppo di conoscenze e competenze, la maturazione di comportamenti e valori”, ma queste decisioni hanno manifestato come sia ritenuto accettabile un sacrificio dello sviluppo degli studenti a favore di evitare eventuali impicci, dimostrando inoltre un bassissimo riguardo per gli studenti stessi, ritenuti incapaci di istituire autonomamente un dialogo civile su questioni serie. Un atteggiamento, insomma, che non ha nulla da invidiare a Don Abbondio.

Qualunque sia stata la motivazione dietro questa decisione, il suo impatto è stato innegabile, e per la prima volta da quando frequento questo liceo, mi sono trovato tristemente a concordare con coloro che consideravano le assemblee giornate prive di senso, brevi ed inutili interruzioni del ciclo della scuola.

Quest'anno chiaramente di assemblee se ne parlerà poco o niente, ma non lasciamo che questa interruzione sia il colpo finale alla loro utilità.

Più che insegnare nozioni professionali, più che diffondere la cultura, la scuola deve formare degli individui, persone in grado di pensare autonomamente ed esprimere le proprie idee, e non dobbiamo lasciare che uno dei più importanti mezzi per farlo continui a decadere, scivolando pian piano nel dimenticatoio.


- Federico Paolini


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